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La politica internazionale contro il cambiamento climatico

Lorenzo Baronti 📝 Maggio 2021

La più grande sfida di questo decennio è sicuramente il cambiamento climatico. Spesso abbiamo parlato nel nostro Magazine di come noi, come individui, possiamo e dobbiamo ridurre il nostro impatto per migliorare le condizioni ambientali e climatiche in cui viviamo, adesso però è fondamentale capire anche in che direzione si sta muovendo l’intera politica internazionale.

Ormai da un paio di anni sentiamo parlare di Green New Deal in Europa, un piano mirato a sviluppare un’economia circolare e sostenibile in tutta l’Unione Europea, ma cosa succede nel resto del mondo?

Il 22 e 23 Aprile 2021, il Presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha riunito 40 leader mondiali in un vertice virtuale dei leader sul clima, il così detto “Leaders Summit on Climate”, con l’intento di dare l’ennesima scossa a tutto il mondo e ricordare ai leaders mondiali quali sono le giuste priorità per il Pianeta.

In quest’occasione gli Stati Uniti hanno annunciato che ridurranno le emissioni di gas serra del 50% entro la fine del decennio, mentre altri paesi hanno anche dichiarato obiettivi climatici più ambiziosi.

Biden ha avviato il Vertice dei leader sul clima definendo una maggiore azione per il clima come necessaria sia per affrontare la crisi climatica sia per promuovere opportunità economiche, compresa la creazione di “posti di lavoro ben retribuiti”.

Durante il Summit anche il Giappone ha mostrato un forte interesse nel taglio delle emissioni del 46-50% rispetto ai livelli del 2013 entro il 2030, con forti sforzi per raggiungere una riduzione del 50%, un miglioramento significativo rispetto al suo attuale obiettivo di riduzione del 26%.

Il Canada inoltre rafforzerà il suo impegno ambientale fino a una riduzione del 40-45% rispetto ai livelli del 2005 entro il 2030, un aumento significativo rispetto al suo precedente obiettivo di ridurre le emissioni del 30% rispetto ai livelli del 2005 entro il 2030.

Anche l’India ha ribadito il suo obiettivo di 450 GW di energia rinnovabile entro il 2030 e ha annunciato il lancio del partenariato USA-India 2030 Climate and Clean Energy Agenda 2030 per mobilitare i finanziamenti e accelerare l’innovazione e la diffusione dell’energia pulita in questo decennio.

Argentina, Regno Unito, Corea del Sud, Cina, Brasile, Sudafrica, Russia, hanno tutti espresso obiettivi simili, verso una migliore sostenibilità ambientale ed hanno ribadito più volte il loro intento nel ridurre drasticamente le emissioni di CO2 nel breve periodo.

Anche l’Italia ha fatto la sua parte, il Presidente del Consiglio Mario Draghi ha precisato un punto fondamentale per la riduzione delle emissioni: “dobbiamo invertire la rotta e farlo subito. Vogliamo agire ora, non avere dei rimpianti dopo, la ripresa dalla pandemia è l’occasione unica per creare un’economia verde”.

Certo è quindi che la direzione della politica internazionale si dirige verso un’economia verde, la riduzione delle emissioni e la riduzione del cambiamento climatico. Il danno però può avvenire quando la questione climatica diventa motivo di spot e di vanto, piuttosto che di vera azione sul campo. Basti pensare all’impegno esordito dal Brasile nella riduzione delle emissioni, mentre nel frattempo sta tagliando centinaia di migliaia di alberi della foresta Amazzonica.

Sicuramente questa direzione internazionale può farci tirare un sospiro di sollievo, ma restiamo sempre attenti a ciò che succede nel mondo.

Altre nazioni infatti stanno prendendo molto seriamente questa minaccia, lo scorso dicembre infatti il governo della Nuova Zelanda ha dichiarato lo Stato di Emergenza Climatica e si è impegnato a essere il primo esecutivo a zero emissioni nette entro il 2025. Il contrasto al cambiamento climatico è “una delle più grandi sfide del nostro tempo”, ha dichiarato la premier Jacinda Ardern.

Stando a quanto riportato dal Ministro del Commercio neozelandese David Clark, presto il paese costringerà le banche e società affini a rivelare l’impatto che i loro investimenti hanno sul cambiamento climatico.

Il Ministro ha affermato che la legge renderà obbligatoria la rendicontazione sul clima di tutti quegli enti e società che fin ad ora non sono state toccate dalla legislazione mondiale sul clima. “Diventare il primo paese al mondo a introdurre una legge come questa significa che abbiamo l’opportunità di mostrare una vera leadership e spianare la strada ad altri paesi per rendere obbligatorie le divulgazioni relative al clima“.

Lo stesso ministro ha aggiunto: “è importante che ogni parte dell’economia della Nuova Zelanda ci aiuti a ridurre le emissioni e a passare a un futuro a basse emissioni di carbonio. Questa legislazione garantisce che le organizzazioni finanziarie divulghino e alla fine agiscano contro i rischi e le opportunità legati al clima“.

Anche il governatore dello stato della California, Gavin Newsom, ha dichiarato lo Stato di Emergenza a causa del caldo e delle decine di incendi che stanno devastando la California: “Stiamo mettendo in campo tutte le risorse disponibili per garantire la sicurezza delle comunità alle prese con i roghi durante queste estreme condizioni climatiche”, ha annunciato, “continuiamo a lavorare per affrontare la sfida e rimanere vigili davanti al persistere di condizioni meteo pericolose”. Quest’anno la California sta facendo il possibile per prepararsi a quella che ormai possiamo definire “la stagione degli incendi”, ma se il cambiamento climatico non farà che peggiorare sarà quasi impossibile ridurre il numero dei fuochi.

Quest’ultimi sono solo due esempi di Nazioni che hanno seriamente dichiarato lo stato di emergenza climatica, è un problema che non riguarda i singoli Paesi ma che coinvolge il mondo intero, ecco perché dobbiamo cercare di capire sempre di più le mosse a livello internazionale contro questo disastro planetario.

© Riproduzione Riservata

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