Ridurre le emissioni di CO2
In tempi recenti, la riduzione delle foreste nelle regioni tropicali ha causato il rilascio di 2,2 miliardi di tonnellate di carbonio nell’atmosfera all’anno, mentre l’espansione delle foreste nelle aree temperate ha assorbito 700 milioni di tonnellate. Pertanto, ogni anno, a causa della perdita di aree forestali, vengono rilasciate circa 1,5 miliardi di tonnellate di carbonio, che contribuiscono al surriscaldamento del pianeta.
Ogni anno, ogni giorno, ogni secondo, particelle di anidride carbonica vengono emesse nell’atmosfera. Se tutta la CO2 emessa in un anno uscisse dall’atmosfera attraverso l’attività di assorbimento esercitata dagli oceani e dalle foreste, le emissioni non creerebbero alcun problema.
La difficoltà sta nel fatto che se le emissioni aumentano e le fonti di assorbimento si riducono, gran parte dell’anidride carbonica rimane intrappolata nell’atmosfera, accumulandosi sempre di più.
Innumerevoli studi dimostrano che, nel corso dei millenni, ad un aumento della concentrazione di CO2 nell’atmosfera è corrisposto un incremento della temperatura globale, molti scienziati ritengono inoltre che il raggiungimento della soglia di 500 particelle per milione (o ppm, unità di misura usata anche per misurare la quantità di concentrazione di CO2) provocherà gravi squilibri nell’atmosfera terrestre.
Tutti questi problemi ci portano al motivo per cui abbiamo fortemente bisogno di piantare alberi: per natura le piante sono in grado di assorbire CO2 e purificare l’aria circostante da varie sostanze inquinanti. Sono strumenti che l’ambiente ci offre per mitigare il microclima e l’impatto delle emissioni climalteranti, eccessivamente elevate in città. La fotosintesi della clorofilla consente alle piante di assorbire anidride carbonica e introdurre nuovo ossigeno nell’aria, le foglie delle piante assorbono e degradano le molecole inquinanti (come il monossido di carbonio e l’ozono) e fungono da filtro per le polveri sottili.
Grazie all’importanza delle foreste nella regolazione del clima, l’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) sta valutando l’adozione di iniziative a livello internazionale come piantare alberi e migliorare la gestione delle foreste proprio per combattere l’effetto serra.
Gran parte dei benefici del rimboschimento e della creazione di nuove foreste possono essere espressi al meglio ai tropici poiché ogni albero piantato a quelle latitudini rimuove una media di 50 chilogrammi di anidride carbonica all’anno per circa 20-50 anni, mentre un albero nelle regioni temperate circa 13 chilogrammi [1].
Oltre a fornirci acqua e aria pulite, cibo e fascino estetico, foreste e boschi svolgono un ruolo chiave nel limitare il cambiamento climatico in atto.
Il 23% dell’anidride carbonica totale viene assorbito dagli oceani (che però si riscaldano e acidificano, con enormi danni agli esseri viventi che li abitano, alle zone costiere e alla loro sicurezza alimentare), mentre quasi il 30% viene assorbito dalle foreste, che grazie alla fotosintesi accumulano carbonio nei tessuti vegetali (foglie, legno e radici) e nel suolo. Quindi, senza le foreste, la crisi climatica in corso avrebbe effetti ancora più intensi.
Il ruolo degli alberi è ancora più importante alla luce dell’accordo di Parigi, il cui art. 4 afferma che l’obiettivo di limitare l’aumento medio della temperatura globale “ben al di sotto dei 2 ° C” (rispetto all’era preindustriale) deve essere raggiunto “bilanciando” le emissioni antropiche e gli assorbimenti di gas serra nella seconda metà di questo secolo.
La situazione globale
Gli ostacoli economici, tecnici e politici ad un efficace ed efficiente ripristino degli alberi su larga scala sono numerosi, per indicare solo alcuni numeri possiamo pensare agli impegni concreti promessi dai Paesi. Di questi, i più rilevanti a livello globale sono inclusi nella “Bonn Challenge”, dove 47 paesi (comprese molte nazioni tropicali) si sono impegnati a ripristinare 150 milioni di ettari di terre deforestate e degradate entro il 2020 e 350 milioni di ettari entro il 2030.
Anche se siamo indietro rispetto agli avanzamenti previsti, i “lavori” sono perlomeno iniziati e proseguono costantemente. Nonostante lo scempio delle attività di deforestazione in corso nel Sud America, stanno arrivando anche segnali incoraggianti da paesi pesantemente disboscati come l’Etiopia, dove sembrano essere stati piantati in media 350 milioni di alberi (circa 0,3 milioni di ettari) in un solo giorno.
All’interno del territorio Europeo , la superficie forestale è aumentata di circa otto milioni di ettari negli ultimi 25 anni, raggiungendo i 166 milioni di ettari. L’attuale assorbimento di anidride carbonica, dovuto al fatto che taglia meno di quanto crescono le foreste, è pari al 9% di tutte le emissioni di gas serra nell’UE. Questo assorbimento dovrà essere mantenuto e incrementato se vogliamo raggiungere la neutralità climatica promessa dal Green Deal europeo entro il 2050. A tal proposito Frans Timmermans, vicepresidente della Commissione Europea, ha proposto di piantare 2 miliardi di alberi (pari a circa 2 milioni di ettari, considerando circa mille piante per ettaro) [2]
La lentezza di tutti i processi di rimboschimento sono causati principalmente dal fatto che anche la politica ambientale più efficiente ha bisogno di tempo e burocrazia per essere applicata, causa il sistema burocratico, le opposizioni politiche e gli interessi economici.
Il modo migliore quindi per accelerare questo processo è che ognuno di noi faccia la sua parte per favorire la riforestazione dal basso (un termine interessante che abbiamo approfondito nel nostro ultimo articolo, incoraggiando l’adozione di politiche ambientali, piantando alberi e rendendo le nostre città più vivibili e sostenibili.
Se qualcuno di noi lasciasse crescere un albero, pianteremmo qualcosa come 7 miliardi di piante, risolvendo i problemi del cambiamento climatico e garantendo una vita sana e sicura.
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