Fino a qualche decennio fa nessuno avrebbe mai pensato che saremmo arrivati a doverci preoccupare degli oggetti che gettiamo. Oggi invece siamo costantemente invasi dai rifiuti, gli stessi che qualche giorno prima abbiamo utilizzato per le necessità di ogni giorno.
Non solo prodotti di utilizzo quotidiano, ma anche enormi quantità di scarti industriali stanno, sempre più velocemente, degradando l’ambiente e le città in cui viviamo.
Per comprendere il problema è necessario effettuare prima una premessa: solo in Europa ogni anno si producono 64,4 milioni di tonnellate di plastica, che in totale possiedono un valore pari a 355 miliardi di euro e di cui solo un terzo viene riciclato. Questo comporta elevatissimi costi di smaltimento, basti pensare che al livello Europeo il solo costo per la pulizia delle spiagge è di 630 milioni di euro, mentre al livello globale arriviamo a 13 miliardi l’anno. Questi costi vanno ad aumentare sempre di più, di fatti solo in Italia tra il 2010 e il 2017 l’indice di costo della gestione dei rifiuti è aumentato del 16,3%1, aumentando esponenzialmente anche il disagio sociale generato dall’insostenibilità dei costi di gestione dei rifiuti. Un esempio eclatante ne è la capitale d’Italia, Roma che, per gestire l’enorme quantità di rifiuti presenti nel territorio urbano, sarà costretta ad adottare il sistema della discarica, poiché i costi di gestione alternativi sono diventati insostenibili.
Dato il gravissimo problema sono in fase di attuazione numerosi progetti a livello comunitario, nazionale e locale, per migliorare l’efficienza del processo di riciclaggio ed aumentare il ciclo di vita dei prodotti aziendali. Ecco perché, solo in Italia, l’industria del riciclo è in grado di recuperare circa il 79% degli scarti raccolti; nel 2016 è aumentato il riciclo in tutti i settori, in particolare dell’alluminio, dell’acciaio e del legno. Gli imballaggi sono arrivati al 67% mentre l’organico al 41,2%.
Le azioni messe in pratica dai vari governi di tutto il mondo però, incontrano diverse difficoltà ad inserire politiche di cambiamento a causa di una questione culturale: per quanto un’iniziativa possa essere efficiente dal punto di vista ambientale, nessuno può garantire che i cittadini si sforzino sufficientemente per cambiare le loro abitudini. Comprare una bottiglietta di alluminio per l’acqua piuttosto che acquistarne di plastica continuamente, evitare di gettare sigarette o oggetti vari a terra, adoperarsi maggiormente nel differenziare i rifiuti quotidianamente, fare la spesa riutilizzando le stesse buste. Tutte pratiche “bottom-up”, cioè dal basso verso l’alto, fondamentali e necessarie per far sì che le cose cambino, per far sì che chi ha il potere decisionale capisca che i soldi spesi in progetti di sostenibilità ambientale non sono sprecati, ma posso funzionare.
Ecco perché un vero cambiamento dal basso, “bottom-up”, è ciò che deve avvenire ancor prima del cambiamento politico. Anche la proposta di legge più nobile non potrà mai essere efficiente se non esisterà un cambio culturale da parte dei cittadini2.
Nonostante la messa al bando di prodotti monouso (anche imballaggi e sacchetti di plastica), la cui entrata in vigore in Europa è prevista nel 2021, si stima che ogni minuto si acquistino un milione di bottiglie di plastica in tutto il mondo. Uno studio ENEA-AUSL di Bologna stima che solo in Italia vengano immesse nell’ambiente 72 miliardi di sigarette ogni anno, mentre il Cigarette Butt Pollution Project calcola che due terzi dei filtri di sigarette prodotti ogni anno vengono gettati via in modo irresponsabile. Eppure esiste una legge chiara e precisa riguardante i mozziconi di sigaretta: la legge n. 221/2015 (cosiddetta Collegato Ambientale) del dicembre 2015, vieta infatti di abbandonare i mozziconi dei prodotti da fumo sul terreno, nelle acque e negli scarichi, e per chi viola tale disposizione è prevista una sanzione amministrativa minima di 60 euro e massima di 300 euro, pari al doppio di quella stabilita in caso di abbandono di rifiuti di piccole dimensioni3.
Questo è purtroppo un esempio di iniziativa dall’alto (“top-down”) che non può essere efficiente per una mancanza di cultura, abitudini ed iniziative dei singoli cittadini (“bottom-up”).
Si calcola che in Europa, riutilizzando i beni che ora vengono buttati, si risparmierebbero ogni anno quasi 6 milioni di tonnellate di emissioni di gas serra e 44 milioni di metri cubi di acqua.
Potremmo andare avanti con gli esempi parlando delle circa 11.500 tonnellate di gomme da masticare gettate a terra ogni anno in Italia o del consumo, sempre nel nostro territorio, tra i 9 e i 10 miliardi di sacchetti di plastica annuali.
Come abbiamo già ricordato nel precedente articolo “Quanto contano le scelte individuali?”, se non saremo noi i primi agenti del cambiamento, nessuno correrà in nostro aiuto.
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